“Che regalo vuoi zia Titti per Natale?” – lei è seduta come sempre accanto al termosifone, nella piccola cucina dove ancora troneggia il vecchio camino da anni in disuso.
Mi osserva col suo sguardo vispo e curioso, sul quale nemmeno la fitta e intricata ragnatela di rughe profonde è riuscita ad avere il sopravvento: gli occhi color nocciola risplendono giovani e pieni di vita nel suo volto scarno di novantenne.
“ Se mi fa male? Si che mi fa male la schiena…per forza con questo caldo moderno! Quando accendevo il fuoco mi sedevo due minuti lì davanti al camino e mi passava tutto…ahia…ahimè “- se zia Titti ha la vista e lo sguardo di una ventenne non si può certo dire che sia stata altrettanto fortunata con l’udito.
“ No zia, ti ho chiesto che regalo ti piacerebbe per Natale…”- credo che l’eco della mia domanda sia giunto fin sulla cima della collina, tanto ho alzato la voce ma non risponderà nessuno perché quella di zia Titti è l’unica casa nel raggio di tre chilometri e tutt’intorno ci sono soltanto boschi e campi, che la nevicata della notte ha reso immacolati e ancor più silenziosi.
“Non gridare… ho capito !- e per un attimo fa la faccia offesa - ascolta, sai cosa mi piacerebbe? Mi piacerebbe andare in città a vedere i negozi illuminati con tutti gli addobbi di Natale…-
Mentre mi risponde si liscia i capelli candidi e radi, raccolti a crocchia sulla nuca, nel tenero tentativo di apparire più ordinata e assume il tono piagnucoloso e imbronciato di una bambina di cinque anni:
“Nessuno mi ha mai portata a vederli, neanche quando ero più giovane…!”
“Zia, ma che dici? Da giovane eri tu che non volevi mai lasciare “Il Pianello”- così si chiamava la sperduta località dove abitava da sempre- ed ora che fai così fatica a camminare e a muoverti vorresti andare giù in città? Non credi che i tuoi siano solo capricci?”
Sto riordinando la cucina e mi fermo di colpo perché la richiesta della Titti mi ha stupita.
“ Nàni – lei mi chiama sempre così - perché mi hai chiesto che regalo voglio per Natale…? Se hai già in mente tutto te, potevi anche tacere…”
Non voglio certo mettermi a discutere con Titti ma voglio capire fino a che punto la zia vuole davvero che la porti in città con questo freddo e con la strada quasi impraticabile.
Una volta sola nella sua lunga vita zia Titti andò in città e fu in occasione di un ricovero urgente per quella che, sulle prime, sembrò una grave malattia del fegato ma che poi risultò essere una banale intossicazione alimentare.
“ Carina, senti – mi sussurrò piano all’orecchio quella volta, mentre stavo seduta di fianco al suo letto – non dirlo a nessuno, neanche al signor dottore: io ho mangiato cinque pacchetti di patatine fritte, perchè sono molto più buone di quelle che faccio io, lo sai?”- quell’unica volta non ebbe certo il tempo né la voglia di visitare le vie del centro.
“ Zia, perchè desideri tanto che ti porti in città per Natale? Non è per vedere le vetrine vero?” – ora mi siedo vicino a lei e l’abbraccio e la sua mano ossuta e tremante prende la mia e stringe forte :
“ No, cara…però mi piacerebbe proprio tanto, perché non ho più tempo...e devo fare una cosa…”
In quel momento sento che non posso fare a meno di accontentarla, perché la vita glielo deve e perché c’è una forza misteriosa in quel desiderio, che nasce dalla sua anima candida come la neve che brilla là fuori.
E’ il pomeriggio della Vigilia quando le faccio indossare il cappottino elegante,quello con il collo di astrakan e il cappellino di feltro, che lei tiene, come una preziosa reliquia, in una scatola nell’armadio. Velocemente Titti, girandomi le spalle come se non volesse farsi vedere, nasconde qualcosa nella borsetta; riesco solo a intuire che si tratta di un piccolo oggetto avvolto in un carta dorata sottile. Nell’aria aleggia un leggero odore di canfora e di Violetta di Parma, il suo profumo preferito.
Tutto avviene come in una scena al rallentatore: Titti a piccolissimi strascicati passi si avvicina all’auto, faticosamente riesce ad accomodarsi sul sedile e finalmente partiamo.
“ Và piano vè nàni… lo sai che io ho paura…”- e durante i primi dieci minuti del viaggio si tiene al sedile con entrambe le mani e guarda fisso davanti a sé la strada, che per fortuna lo spazzaneve ha reso praticabile.
La città dista una ventina di chilometri dal “Pianello” ma il nostro viaggio sembra interminabile ; ora zia Titti è più rilassata ed è completamente stregata dal paesaggio che ci scorre lentamente intorno e affascinata dal numero delle automobili che incontriamo.
“ Sai quante ne ho contate solo in questo pezzo di strada? Cinquanta! Chissà in tutto quante ce ne sono e tutti si possono spostare e vedere il mondo ! L’Adele non ha mica ragione quando dice che una volta era tutto meglio…non c’erano tutte queste comodità, anzi non c’era niente!“ - l’Adele era la sua vecchia amica, che aveva abitato fino a pochi anni prima nel casolare più vicino al Pianello e che, al contrario di Titti, aveva una mentalità rigida e chiusa a qualsiasi cambiamento.
“ Ecco zia, siamo alle porte della città…hai visto che belli gli alberi di Natale sui balconi e nei giardini?”
Lei non risponde, guarda fuori dal finestrino, piccola e fragile col suo cappellino, che le sta un po’ largo e sorride scuotendo il capo; chissà quali sono ora i suoi pensieri e chissà dov’è il suo cuore.
“ Ora prendiamo questa via che ci porta dritti in centro, dove ci sono i negozi più belli e le vetrine più decorate…ti va bene o vuoi vedere qualcosa in particolare Titti? “- rallento in attesa di una sua risposta.
“Vorrei andare in viale Pacini al numero uno…per favore…” – la sua voce si è fatta all’improvviso tremante per l’emozione.
“Viale Pacini? Ma zia, lì c’è solo il cimitero...sei sicura?”- domanda inutile perché sento che Titti non ha dubbi: sa esattamente cosa vuole fare ed ora anch’io comincio ad intuire il vero motivo di questo suo viaggio.
Lei non risponde e guardando sempre fisso davanti a sé allunga una mano sul mio ginocchio e delicatamente batte due volte e questo è il suo “si”.
Svolto verso il viale, che in questo pomeriggio freddo e bigio è deserto come se la frenesia e l’euforia della festa imminente non avessero toccato questo luogo.
Parcheggio vicino al cancello principale; Titti scende, mi prende sottobraccio e ci incamminiamo.
Ora è lei che guida i nostri passi perché, in realtà, io non so dove stiamo andando e la seguo in silenzio come presa dall’incanto di una magica atmosfera fatta di mistero e di curiosità .
Ora cammina più speditamente,come se una nuova energia le avesse rinvigorito le gambe stanche e non ha dubbi nemmeno quando ci troviamo in un intricato crocevia di vialetti fiancheggiati da piccole siepi di mirto profumato: Titti svolta a sinistra e poi a destra e poi ancora a sinistra senza mai mostrare segni d’incertezza, fino ad arrivare davanti a una lapide di pietra annerita.
“ Ecco nanì sono arrivata…” - apre la borsetta e prende il pacchettino di carta dorata, mi chiede di aiutarla ad aprirlo ed estrae una piccola rosa rossa di porcellana; piegando la schiena come da anni non le vedevo fare, Titti si china sulla tomba e posa la rosa davanti alla fotografia di un giovane uomo dall’aspetto fiero e dai folti baffi scuri.
DECAROLI ALFREDO DI ANNI 23 CADUTO VALOROSAMENTE IN BATTAGLIA PER DIFENDERE LA LIBERTA’. Leggo ed ora ricordo : Zia Titti qualche volta, quando le chiedevo perchè non si fosse mai sposata, mi aveva accennato di un amore perduto, che mai più avrebbe potuto provare per qualcun altro. Ed ora capivo : Alfredo era il suo grande amore di tutta una vita e da sempre zia Titti sapeva dov’era sepolto.
“Perché in tutti questi anni non mi hai mai chiesto di portarti qui zia? “
“Perché non era necessario. Lui era sempre dentro di me, nel mio cuore…ma adesso sono vecchia e quando morirò ho paura che il suo ricordo morirà con me…però questa rosa rimarrà sempre qui vero? “ – mi guarda con la stessa espressione che hanno i bambini quando vogliono credere alla fata buona delle favole.
“ Certo Titti, rimarrà sempre qui e io verrò ogni anno, la Vigilia di Natale ad assicurarmi che ci sia ancora…te lo prometto.”
Titti in questo momento ha lo sguardo triste ma è solo questione di un attimo; chiude la borsetta e si dà un’aggiustatina al cappello.
“ Brava…dai adesso andiamo che comincia a nevicare e fa tanto freddo…- si stringe al mio braccio e torniamo lentamente verso l’uscita.
Il cielo è bianco, gonfio di neve e qualche fiocco volteggia già nell’aria e si posa sulle tombe ai lati del sentiero, sulle foglie rosse di una miriade di Stelle di Natale , portate qui dal ricordo di qualcuno.
Ci voltiamo un attimo verso la tomba di Alfredo, spoglia e nuda, sulla quale ora spicca la macchia rossa di una piccola rosa sbocciata fuori stagione.
Tornando verso casa percorriamo la via principale, sfavillante di luci e di colori e brulicante di gente frettolosa e carica di pacchi e borse della spesa.
“ Ma dove vanno tutti così di corsa? Sai nàni…i negozi sono belli ma il Natale mi piace di più passarlo al Pianello, qui c’è troppa confusione e mi gira un po’ la testa…- è stanca zia Titti, il suo respiro è affannoso, si appoggia al sedile e chiude gli occhi.
Ed io guido tranquillamente, nonostante la nevicata si stia sempre più infittendo, e penso che questa strana Vigilia di Natale è stato un dono prezioso, una dolce lezione d’amore che zia Titti mi ha regalato; come se lei stesse leggendo nei miei pensieri, senza aprire gli occhi sussurra:
“Ti ringrazio tanto nàni…mi hai fatto un gran regalo , perché questo è stato il giorno più bello della mia vita…quest’anno passerò un Natale d’incanto.”